Angelo Cupini ti ricodiamo cosi'

Ieri se ne è andato Angelo Cupini, uno di quei calciatori che seppur abbiano indossato la maglia biancoceleste per poco tempo sono entrati nel cuore dei tifosi.
Era un'ala destra, maglia numero sette sulle spalle.
Iniziammo a conoscerlo nella stagione precedente al suo arrivo in biancoceleste. Cupini infatti indossava la maglia della Cavese che, nel 1982-83, contese quasi fino alle ultime giornate alla Lazio la promozione in Serie A. E Cupini era uno dei suoi elementi migliori.
Era il 23 gennaio del 1983 e la Lazio concludeva il girone di andata ospitando proprio la Cavese considerata da tutti la rivelazione dal campionato. Lo stadio era pieno all’inverosimile, tanti erano anche i tifosi campani giunti nell’Urbe con il loro grande striscione The Wanderers. Quando le due formazioni entrarono in campo, in una bella giornata di sole, le due curve si illuminarono di tantissime torce. Al punto tale che i primi minuti di gioco si giocarono nella nebbia. “Sembra che stiamo a Milano” disse un tifoso accanto a me, sciarpa alzata sul volto e fumogeno nella mano.
Noi la temevano quell’agile e scattante ala destra. E avevamo ragione, perché proprio lui realizzò al 62’ la rete del vantaggio degli ospiti. Ricevette la sfera poco fuori dalla nostra area di rigore, di fronte alla Tribuna Tevere, pochi passi, tiro secco di destro e palla alle spalle di Orsi. Per fortuna Vella sul finire riequilibrò la contesa e pareggiammo una bella e combattuta gara.
Ritrovammo Angelo Cupini nel giorno dell’apoteosi, quando la S.S. Lazio pareggiando a Cava dei Tirreni per 2-2 tornò nella massima divisione. Fu un giorno memorabile e lunghissimo. Prima la trasferta al seguito della Lazio e dopo, appena rientrati nell’Urbe, di corsa a Fiumicino perché tornava Long John, il nostro condottiero, per diventare Presidente della Lazio.
Proprio Giorgio Chinaglia, portò Angelo Cupini in biancoceleste. Appena arrivato nell’Urbe per difendere i nostri colori, i tifosi che ricordavano la sua grinta, il suo coraggio e le sue qualità tecniche gli dedicarono un coro, uno di quelli destinati ad entrare nella memoria collettiva del tifo biancoceleste.
In quell’estate del 1983 mentre stava nascendo la Lazio targata Giorgio Chinaglia impazzava nelle radio e nelle spiagge italiane una canzone composta da due ragazzi di Torino, i Righeira, che si intitolava: “Vamos alla Playa”. Il suo ritornello oh oh oh oh oh si prestava molto bene ad essere ripreso come un coro da stadio.
Nacque in breve tempo il coro dedicato al nuovo arrivato in maglia biancoceleste: “Angelo Cupini oh oh oh oh oh”.
Domenica 18 settembre del 1983 Cupini fece il suo esordio in campionato con la casacca biancoceleste. Di fronte la forte Inter di Zenga, Bergomi, Beccalossi, Serena ed Altobelli.
Anche quel giorno, al pari di quel Lazio-Cavese, dell’anno prima lo stadio era stracolmo, in Nord eravamo pressati uno accanto all’altro. Era l’esordio della Lazio di Giorgio Chinaglia ed ognuno voleva fare la sua parte. Bandiere, sciarpe, fumogeni…
Dopo la rete del vantaggio messa a segno da Giordano, l’Inter cercava di rientrare in partita, ma al 61’ Laudrup passava la sfera a Marini che faceva partire un cross millimetrico che raggiungeva la giovane ala arrivata dalla Cavese al centro dell’area avversaria di fronte alla Sud, tiro al volo di destro e Zenga non poteva fare altro che raccogliere la palla all’interno della sua porta.
Dal muretto degli Eagles qualcuno fece partire quel coro appena inventato: “Angelo Cupini oh oh oh oh oh”, che venne ripreso da tutto lo stadio, facendolo quasi sollevare da terra, mentre Angelo Cupini braccia alzate, tornava indietro e correva verso la sua Curva.
Ecco noi vogliamo ricordarti in questo momento, felice, tra la tua gente che cantava il tuo nome.
Ancora una volta: “Angelo Cupini oh oh oh oh oh”!
Giorgio Acerbis